Le Cinquecentine della Biblioteca Domenicana di Napoli
Nel luglio 2017, ho avuto il piacere di essere contattata dal direttore della Biblioteca Domenicana di Napoli per catalogare circa 1000 edizioni antiche, tra cui le 525 cinquecentine conservate presso la biblioteca. Il lavoro di catalogazione è stato avvincente, poiché nelle realtà conventuali, in cui forte è stato il peso delle passate soppressioni, ero ben conscia di imbattermi in una raccolta diversa da quella della antica Libraria, messa insieme in un momento storico lontano dallo splendore dei secoli XIV e XV, in cui l’antica Biblioteca vantava manoscritti tomistici e, per i secoli della stampa a caratteri mobili, raccolte di estremo valore. L’antica raccolta fu sequestrata durante il decennio francese (1806-1815) insieme all’archivio conventuale e successivamente andò dispersa. Alcuni manoscritti e libri divennero di possesso dell’allora Biblioteca Reale, oggi Biblioteca Nazionale. Nel trasferimento notevoli furono gli episodi di sottrazioni e dispersioni, con conseguente grave danno per la cultura meridionale. Ivi studiarono Giordano Bruno e Tommaso Campanella, nonché Tommaso d’Aquino che apportò alla Biblioteca maggiore importanza e prestigio con numerosi manoscritti. Non abbiamo certezze sul luogo e il tempo in cui tali libri andarono dispersi, ma è lecito ipotizzare che molti cittadini privati o ladri di opere antiche fecero scomparire tali beni per immetterli nel mercato nero, ovvero che alcuni frati nascosero tali libri per sottrarli alla vigilanza governativa. Nel migliore dei casi, il materiale sottratto fu affidato ad archivi e biblioteche dei vari paesi d’Europa o, addirittura, degli Stati Uniti (In merito, T. Kaeppeli, Antiche biblioteche domenicane in Italia. Archivum Fratrum Praedicatorum, 1965; M. Miele, Ricerche sulla soppressione dei religiosi nel regno di Napoli 1805-1806, in Campania Sacra, 1971). In altri casi, i libri e i manoscritti scomparvero senza lasciare traccia, a discapito di quanto stabiliva la legge murattiana del 7 agosto del 1809, con la quale si ordinava ai religiosi di spogliarsi dei loro abiti e di lasciare liberi i conventi entro il 15 novembre. La legge inoltre conteneva la disposizione a dover redigere un inventario di tutti i beni presenti nei vari conventi. I padri domenicani non furono ossequianti alle disposizioni governative e questo consegnò ai ladri l’occasione di sottrarre facilmente i beni conventuali. Questa prima soppressione fu causa di tanti disordini, perdite e fughe librarie, tuttavia il governo napoleonico aveva rivolto principalmente la sua attenzione alla raccolta di pergamene, manoscritti, libri delle biblioteche dei conventi soppressi al fine di diffondere la cultura nel popolo. Finalità ben diverse ebbe la seconda soppressione del 1866, che fu azionata al solo scopo di interessi fiscali, facendo della sua vittima prediletta le biblioteche dei conventi. L’attuale raccolta antica della nuova Biblioteca Domenicana non ha nulla a che vedere con i beni posseduti fino al XIX secolo; la sua storia istituzionale è davvero recente, e gran parte della raccolta antica proviene da altri conventi. La ricostruzione del fondo antico è legata alle testimonianze dei libri, quali timbri ed ex libris che se da una parte testimoniano il progetto di unificare le librerie in un’unica biblioteca provinciale, dall’altra non lasciano intendere il motivo per cui tali libri possano ritrovarsi oggi presso la biblioteca (per lascito, per passaggi successivi?). Tale è il caso degli esemplari che recano il nome di Biagio Calafato sul frontespizio. Di ciò non è possibile ancora stabilire se tra il sacerdote napoletano, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, e l’Ordine dei Domenicani, vi sia stato un legame tale da ipotizzare un lascito degli esemplari da lui posseduti e che recano un successivo timbro, del XX secolo, della Biblioteca Conventuale della Madonna dell'Arco. Altro problema si pone innanzi ad annotazioni quale quella presente sul verso della carta di guardia del libro Vita del glorioso padre San Giouangualberto fondatore dell'ordine di Vallombrosa. Insieme con le vite di tutti i generali, beati, e beate, che ha di tempo in tempo hauuto la sua religione; raccolte dal p.d. Eudosio Loccatelli da Santa Sofia monaco del medesimo ordine (collocazione EX BIBL. WG 32), in cui leggiamo «Questo libro fu della Badia di S. Reparata a […] ed è raro e di pregio per le copie poche che ne restano ancora. Presentemente è di proprietà di D. Antonio Morara parroco di Moscheta, il quale ha l'intenzione di lasciarlo in dono alla sua Chiesa, per ricordo dell'Antica Badia di Moscheta. Il dì 1 luglio 1884». Dall’analisi dei singoli volumi, si è potuto stabilire che delle 525 cinquecentine, la maggior parte porta un timbro del XX secolo della Provincia dell’Ordine dei domenicani, circa 150, e del Convento di Madonna dell’Arco, 70 esemplari; altre invece provengono dai conventi di Barra, di Bari, di Sant’Antonio a Posillipo e di Acerra. Va altresì da osservare che la maggior parte delle cinquecentine ivi conservate proviene dal convento di Cercemaggiore.